In questa breve intervista, Jannik Sinner ci racconta un aspetto importante della mentalità produttiva di un atleta.
Se analizziamo le sue parole con attenzione ci rendiamo conto che non associa mai il buon risultato ottenuto alla propria identità: non dice che vincendo ha dimostrato di essere megliore, ma che la vittoria gli ha confermato di aver lavorato bene e di aver migliorato la propria prestazione.
Sebbene sembri una mera questione linguistica, si tratta invece di un atteggiamento mentale importante, anzi fondamentale, che tutti dovremmo imparare: il risultato è un indice di come abbiamo lavorato e non di chi siamo.
Dopodiché Jannik pone l'attenzione sull'allenamento, dicendo che le partite non si vincono in campo durante la partita ma si vincono prima, allenandosi in modo professionale.
Questo è un aspetto fondamentale per ogni atleta e giocatore: l'allenamento è il momento in cui si creano i prossimi risultati.
Prendiamo un esempio apparentemente banale: siamo nel pieno di una giornata di allenamento, il giocatore ha fatto preparazione atletica e poi allenamento in campo, esce dal campo con le gambe doloranti e dice al preparatore atletico che ha male alle gambe, chiedendo un suggerimento.
Il preparatore atletico da un'indicazione semplice: 20 minuti di defaticamento e poi stretching.
Il giocatore è stanco, l'idea di 20 minuti di defaticamento sulla ciclette sembra noiosa e faticosa, quindi sceglie di fare direttamente stretching.
In quel preciso istante il giocatore ha scelto deliberatamente di perdere un punto, forse un game, nel peggiore dei casi un set. Se ti sembra un'esagerazione lo comprendo, ma credimi quello è uno dei momenti decisivi per l'atleta perché è il momento in cui decide di saperne di più del proprio preparatore. e sta sperimentando un'arroganza poco professionale che compromette il suo allenamento, la stessa con cui sceglierà in campo di fare qualcosa di diverso da quanto concordato con lo staff.
La prestazione non è l'esplosione di un singolo match, ma il collage di tanti brevi istanti in cui l'atleta sceglie di essere (o non essere) un professionista.
Quando parliamo di amatori vale esattamente lo stesso principio: la partita è la conseguenza di quanto si fa in allenamento e nella vita di ogni giorno.
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